Pagina 101 - Parole di vita

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Un segno di vera grandezza
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Nessun apostolo o profeta ha mai preteso di essere senza pec-
cato. Si tratta di uomini vissuti in intima comunione con Dio, che
avrebbero preferito rimetterci la vita piuttosto che commettere con-
sapevolmente un peccato, che Dio ha onorato concedendogli la sua
luce e potenza, eppure anche loro hanno confessato di essere pec-
catori per natura. Non hanno riposto la loro fiducia nella carne né
si ritenevano giusti, ma piuttosto hanno confidato completamente
nella giustizia di Cristo, e altrettanto sarà con tutti coloro che lo
contemplano.
Man mano che avanziamo nell’esperienza cristiana, il nostro
pentimento si farà più profondo. A coloro che ha perdonato e che
riconosce membri del suo popolo il Signore dice: “Allora vi ricor-
derete delle vostre vie malvagie e delle vostre azioni, che non eran
buone, e prenderete disgusto di voi stessi a motivo delle vostre ini-
quità e delle vostre abominazioni” (
Ezechiele 36:31
). Poi aggiunge:
“E io fermerò il mio patto con te, e tu conoscerai che io sono l’E-
terno, affinché tu ricordi, e tu arrossisca, e tu non possa più aprir la
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bocca dalla vergogna, quand’io t’avrò perdonato tutto quello che hai
fatto, dice il Signore, l’Eterno” (
Ezechiele 16:62, 63
). Allora non
apriremo più la bocca per esaltare noi stessi, anzi, consapevoli che la
nostra sicurezza risiede solo in Cristo, confesseremo con l’apostolo:
“Difatti, io so che in me, vale a dire nella mia carne, non abita alcun
bene” (
Romani 7:18
). “Ma quanto a me, non sia mai ch’io mi glori
d’altro che della croce del Signor nostro Gesù Cristo, mediante la
quale il mondo, per me, è stato crocifisso, e io sono stato crocifisso
per il mondo” (
Galati 6:14
).
Alla luce di questa esperienza vale per noi il monito: “Compiete
la vostra salvezza con timore e tremore; poiché Dio è quel che opera
in voi il volere e l’operare, per la sua benevolenza” (
Filippesi 2:12,
13
). Non dobbiamo temere che Dio non mantenga le sue promesse,
che perda la pazienza o che la sua misericordia venga meno. Temia-
mo piuttosto di contrapporre la nostra volontà a quella di Cristo e di
lasciarci dominare nella vita dai nostri difetti di carattere congeniti e
acquisiti, “poiché Dio è quel che opera in voi il volere e l’operare,
per la sua benevolenza”. Evitiamo che il nostro io si frapponga tra
noi e il gran Maestro e che la nostra ostinazione mandi a vuoto il
grande piano che Dio vorrebbe realizzare tramite noi; guardiamoci
dal confidare nella nostra forza e dall’abbandonare la mano di Cristo