Come si decide il nostro destino
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né denaro o cibo. Doveva trascinare la sua esistenza miserabile un
giorno dopo l’altro, mentre il ricco si concedeva il superfluo. Per lui
sarebbe stato facile alleviare le sofferenze dell’altro, ma egli viveva
solo per se stesso, come tanti ai nostri giorni.
Anche vicino a noi vivono oggi degli affamati, ignudi e senza-
tetto, e se trascuriamo di aiutarli con i nostri mezzi, ci carichiamo
di una colpa di cu un giorno dovremo render conto tremando. Dio
condanna ogni forma di avarizia come se fosse idolatria, e giudica
la compiacenza egoistica un’offesa contro di luì.
Dio aveva costituito il ricco come un amministratore dei suoi be-
ni ed era suo dovere intervenire in casi come quelli del mendicante.
Il comandamento diceva: “Tu amerai dunque l’Eterno, il tuo Dio,
con tutto il tuo cuore, con tutta l’anima tua e con tutte le tue forze”
(
Deuteronomio 6:5
), e ancora “Amerai il prossimo tuo come te stes-
so” (
Levitico 19:18
). Essendo giudeo il ricco conosceva benissimo
la legge dì Dio, ma dimenticava che avrebbe dovuto render conto
in che modo aveva usato le capacità ed i mezzi ricevuti. Godeva in
sovrabbondanza le benedizioni divine, ma le impiegava egoistica-
mente, per il proprio tornaconto e non alla gloria del Creatore. I suoi
doveri di far del bene all’umanità dovevano essere proporzionati
alle sue ricchezze. Queste erano le norme divine, ma il ricco non
si sognava nemmeno di avere simili doveri dinanzi a Dio. Prestava
denaro esigendo interessi, ma non intendeva pagare interessi per
i beni che Dio gli aveva affidati! Aveva conoscenze e talenti, ma
non li faceva fruttare. Dimenticando di dover render conto a Dio, si
dava anima e corpo al piacere. Tutto ciò di cui si era circondato, il
corteggio di feste e di divertimenti, i complimenti e le adulazioni
degli amici, servivano unicamente alle sue soddisfazioni egoistiche.
Era talmente assorto in queste compagnie da perdere totalmente il
senso della responsabilità che aveva di trasmettere agli altri la grazia
di Dio. Aveva la possibilità di capire la Parola di Dio e applicarne
gli insegnamenti, ma la società gaudente che aveva scelto assorbiva
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il suo tempo al punto da fargli dimenticare il Dio dell’eternità.
Ad un certo punto la situazione dei due protagonisti cambiò. Il
povero Lazzaro, che aveva sofferto quotidianamente sopportando la
sua sorte con pazienza, mori e fu sepolto. Non c’era nessuno in lutto
per lui, ma proprio con la sua pazienza nel soffrire egli era stato un
testimone di Cristo e aveva superato la prova della fede, perciò alla